3 curiosità sulla potatura della vite a Bellussera

I giorni della vendemmia sono lontani, sono passati alcuni mesi e un nuovo anno è iniziato. È già tempo di concentrarsi su una nuova stagione.

Tra la fine del mese di gennaio e l’inizio di febbraio si entra nel momento ideale per dedicarsi alla potatura delle viti. Viene chiamata potatura invernale o potatura secca, perché si effettua nel periodo tra la caduta delle foglie e la ripresa dell’attività vegetativa della vite. Si tratta di un momento  fondamentale nella programmazione non solo delle attività agricole dell’anno in corso, ma anche per quanto riguarda l’anno successivo.

Facciamo una breve introduzione.

Le piante, già a riposo da un po’, vengono visitate in questi giorni dagli operatori di campagna che inizieranno le operazioni di potatura avendo cura di considerare il sistema di allevamento adottato, la fertilità del terreno, la posizione del vigneto e le caratteristiche del vitigno.

Attenzione! Una potatura sbagliata influisce negativamente sulla produzione dell’uva o sulla sua qualità. Un’ottima dose di preparazione ed esperienza sono ciò che ci vuole per scegliere la miglior strategia.

Esistono, infatti, diversi sistemi di allevamento come il Guyot, il Sylvoz o il Doppio capovolto che prevedono di conseguenza diversi metodi di potatura e in base al metodo è possibile optare per una potatura lunga, corta o mista (tralci lunghi e corti). Facciamo due esempi:

  • Guyot: potatura mista con tralcio fruttifero in posizione orizzontale.
  • Sylvoz e Doppio capovolto: potatura mista con tralci fruttiferi in posizione discendente. Il classico archetto che spesso si vede nei vigneti lungo le strade.

Come Potare un vigneto a Bellussera

Arriviamo dunque alle nostre Bellussere. Per chi ancora non le conoscesse, può approfondire l’argomento nella pagina dedicata.

Quella che noi chiamiamo con affetto, la nostra “cattedrale verde”, è per tutti un sistema di allevamento della vite unico al mondo che durante l’inverno, come nella bella stagione, non resiste a mostrare il suo ricamo.

Il sistema a Bellussera a partire da fine 800 inizia a diffondersi in tutta la provincia di Treviso e anche oltre. Inizia il suo viaggio da Tezze di Piave, un piccolo borgo della pianura alluvionale del Piave in provincia di Treviso, dove viveva la famiglia Bellussi. La loro intraprendenza e genialità li consegnò alla storia della viticultura pur essendo semplici mezzadri. Il loro obiettivo era, infatti, trovare un modo per ottimizzare al meglio il terreno che dovevano coltivare per il loro padrone. E trovarono la soluzione con un sistema rivoluzionario che permettesse di sviluppare la vite in altezza destinando il terreno tra i filari alla produzione di patate, legumi e foraggio. Allargarono l’interfilare e ridussero la densità di impianto, ma guadagnarono lo spazio sufficiente per il loro sostentamento.

Oggi come allora la Bellussera risponde alle medesime regole architettoniche. I pali di circa 4 metri di altezza sono collegati tra loro da fili di ferro disposti a raggi e sostengono ognuno 4 viti che si innalzano da terra per circa 2,50 metri. Raggiunta l’altezza ottimale il cordone permanente viene poi piegato per scorrere verso l’alto sui cavi inclinati formando una raggiera. I filari, distanti fra loro 8 metri, permettono ai carri (le bèude), di farsi strada lentamente nella vigna, trainati dai trattori. Proprio come nel periodo vendemmiale, queste speciali piattaforme su ruote consentono agli operatori di raggiungere i tralci più alti, ma in questo caso l’obiettivo non sono i succosi grappoli d’uva ma i tralci da potare. Ecco la prima curiosità.

La seconda cosa che forse ancora non conoscete sono le “sàche”. No, non è il distillato tipico del Giappone. Le sàche, in dialetto veneto, sono i rami del salice tagliati per tradizione in fase di luna crescente a fine novembre e successivamente raccolti in fasci di varie pezzature.

Flessibili e morbide, le sàche più piccole vengono utilizzate per legare i tralci fruttiferi della Bellussera durante la potatura. Una tecnica tradizionale ma soprattutto ecosostenibile.

Il terzo ed ultimo aspetto che caratterizza la potatura della Bellussera è il metodo di potatura stesso che applica la tecnica a Sylvoz ma su una scala più grande.

Prima di tutto vanno considerati 3 diversi tagli:

  1. la potatura del passato: il taglio dei tralci che hanno prodotto uva l’anno precedente;
  2. la potatura del presente: la selezione dei tralci fruttiferi (o capi a frutto) destinati a dare la produzione durante l’anno;
  3. la potatura del futuro: la selezione degli speroni (porzione di tralcio) che daranno i capi a frutto per la stagione successiva.

Tornando alla nostra Bellussera, proprio come nel sistema a Sylvoz, la potatura è mista ma disponendo di un cordone più lungo, è possibile disporre di un numero maggiore di tralci fruttiferi e di speroni: da 4 a 5 in entrambi i casi, a differenza del sistema a Sylvoz che ne seleziona da 2 a 3.

Di conseguenza la produzione di uva per ogni vite con sistema a Bellussera può essere maggiore rispetto ad un vigneto a filare, mantenendo comunque alta la qualità e nonostante il numero di viti per ettaro sia inferiore. Questo, grazie anche ad una maggiore superficie esposta al sole.

Ecco dunque le 3 curiosità che riguardano la potatura della Bellussera. Un rituale antico, che si ripete anno dopo anno allo stesso modo, fatto di gesti semplici e automatici per i più esperti, ma allo stesso tempo genuini, sinceri, carichi di una poesia che spesso dimentichiamo. Gesti che scorrono fugacemente nelle rigide giornate invernali e ci regalano la base su cui lavorare per inaugurare una nuova stagione dell’uva.

0
Il Tuo Carrello è vuoto!

Non hai aggiunto alcun prodotto al tuo carrello.

Sfoglia il catalogo